L’appostamento all’orso, ovvero la pratica di nascondersi in una baita ed osservare di notte i suoi movimenti nel Parco Nazionale d’Abruzzo, è stata compiuta e chiusa addirittura on un arresto: si tratta di Ottaviano del Turco, una vecchia conoscenza del socialismo craxiano che alla fine, come tanti, lo ha rinnegato per salvarsi e diventare poi, governatore di questa zona amena. Dalla CGIL al ministero delle finanze il percorso può sembrare breve, come può sembrare ancor più breve l’aver trovato casa e rifugio nel Partito Democratico, ma la vicenda che in questi giorni colpisce Pescara e province richiama un concetto politico e giudiziario, a mio avviso, molto più complesso: il ruolo della sanità come crogiuolo di malaffare e concussioni, che dovrebbe innescare una giustizia rapida ed efficace. Il ricordo va all’incredibile vicenda dello scandalo delle trasfusioni che riempì i rotocalchi negli anni ’80 , portando all’arresto di noti personaggi come Poggiolini e altri. Orbene, proprio in questi giorni qualcuno ha riportato in auge la questione, perché a tanta distanza dai fatti il processo non si è ancora chiuso, lasciando nell’angolo dell’indifferenza e dell’abbandono molte persone colpite loro malgrado da terribili malattie terminali. leucemia, AIDS e la semplice epatite, se così si può dire, sono stati i regali che la malasanità ha fatto a molti malcapitati , rei solo di aver fatto una trasfusione di sangue. Molte di queste, e sono tante credetemi, intervistate sui fatti, non hanno mostrato odio e accanimento contro i colpevoli che non sono puniti, ma un distinto senso di scoraggiamento e delusione nei confronti dei riti delle procedure giudiziarie che sono troppo lunghe, per decretare certezze in materia penale. Le persone da risarcire sono tante e i soldi non ci sono, ma per molti malati il problema non è questo, quanto credere che la loro vita breve possa avere almeno un senso, quello di rappresentare un esempio per uno sconcio che non è tanto la colpa, ma l’impossibilità di applicare la pena in tempi “tangibili”. Ora si parla di riforma della giustizia, mentre alcuni politici vicini alla materia, organizzano sit-in di piazza contro il governo che accorcia i processi, senza ritenere che il danno non richiede riflessioni ascetiche, ma soluzioni immediate. L’esempio viene proprio dalle prime reazioni ai fatti abruzzesi: Storace ritiene che occorre subito rifere le elezioni per fare pulizia in una regione che non meritava tali sporcizie, mentre la sinistra parla della necessità di porre la questione morale? Ma che significa? Di immorale ci sono solo le mancate responsabilità e gli interessi privati, ma soprattutto una macchina giudiziaria troppo lenta, che malgrado le sofferenza lascia invariate le cose.. La parola riforma o cambiamento, viene vista come una lampada di Aladino, che viene solo sfregata, senza fare uscire il genio che cambi sul serio le cose, e se uno ci tenta esce subito il buffone di corte che organizza la piazza per deridere il monarca usurpatore. Le morbide campagne che circondano Alfedena o Castel di Sangro, Roccaraso o Sulmona, rischiano di diventare così sabbie mobili dove affonderà la macchina della giustizia, se non si capisce che le regole ci sono, vive vegete e scritte. Questa è la questione morale e non serve il tempo per dipingerla sui muri di gomma della giustizia italiana, che piacciono tanto a chi ritiene che è meglio che un colpevole cammini indisturbato, rispetto al fatto che un innocente, o quasi, giaccia in galera. Ma a coloro che in virtù di tali quisquiglie e pinzillacchere come diceva Totò, hanno pochi giorni di vita, chi ci pensa realmente, per dare almeno un senso alla loro esistenza?
Bruno Russo
Fonte: Bruno Russo