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FRIEDRICH WILHELM NIETSCHE
Friedrich Wilhelm Nietzsche nacque a Rökken, presso Lützen nel 1844 e morì a Weimar nel 1900. Appartenne a una famiglia protestante, e rimase orfano del padre (pastore luterano) all'età di cinque anni e si trasferì con la madre a Naumburg. Frequentò poi i corsi di filologia classica nelle università di Bonn e di Lipsia, dove conobbe Erwin Rohde. In questo periodo sono numerosi gli scritti autobiografici che rendono testimonianza della precoce e tormentata indagine che egli andava compiendo sul proprio Io.

Dotato di uno spiccato talento per la musica, non vi si dedicò mai interamente: si hanno di lui poche composizioni (17 liriche, appartenenti agli anni giovanili, e alcuni inni del 1887), non molto elaborate e non di grande valore artistico, e sappiamo che fu un ottimo e ammirato improvvisatore al pianoforte.
Tuttavia la musica assumerà per lui un profondo significato filosofico.

Nel 1865 a Lipsia venne a contatto con la filosofia di A. Schopenhauer : si delineerà allora quel contrasto antinomico che sarà il tormento di tutta la sua vita e fondamento del suo pensiero.
Nel 1869 fu chiamato giovanissimo alla cattedra di filologia classica dell'università di Basilea, prima ancora di aver conseguito la laurea che gli fu assegnata senza esami nel 1869.
E' di questo tempo l'avvenimento più importante della vita di Nietzsche : l'incontro con Wagner (Triebschen, 1869).
Nietzsche rimase profondamente colpito dal genio di Wagner, e questi vide in lui il «Sigfrido moderno». Nacque così la «grande amicizia», che sarà determinante per il pensiero del filosofo e che non si spegnerà mai del tutto nel suo cuore.
Il problema fondamentale del suo pensiero (e della sua esistenza) venne così a proporsi in questi termini: “È possibile, pur accettando la concezione del mondo di Schopenhauer, non derivare da essa la pessimistica rinuncia alla volontà di vivere?”.

Nietzsche vide dapprima nell'arte, concepita come esaltazione vitale e come vittoriosa idealizzazione del negativo, un modo risolutivo di superamento del male insito nella realtà. Questo tema è affrontato nelle opere: Nascita della tragedia (1872), e Considerazioni inattuali (1873-1876).
Secondo Nietzsche l'uomo greco riuscì a sopportare l'esistenza, di per sé atroce e assurda, in virtù della forza trasfiguratrice dell'arte. Questa può esprimere sia il mondo come volontà, sia il mondo come rappresentazione: nel primo caso l'arte è dionisiaca (musica), nel secondo apollinea (arti figurative, narrativa, dramma).
L'opera wagneriana, sintesi delle due forme, è l'arte perfetta, con la più alta forza redentrice.
Successivamente Nietzsche cercò nel sapere coraggioso e spregiudicato una più sicura via di liberazione: l'opera Umano, troppo umano (1878) è addirittura dedicata a Voltaire e nel Viaggiatore e la sua ombra (1879) vengono proposti come eroi esemplari dell'umanità gli scienziati e i pensatori, i cercatori della verità come Lessing e Goethe, Socrate perfino, al quale nella Nascita della tragedia era stata addebitata la responsabilità di aver contribuito più di ogni altro alla repressione dello spirito dionisiaco e alla conseguente decadenza del popolo greco.

Mentre a Bayreuth si costruisce il grande teatro wagneriano, Nietzsche scrive quattro (avrebbero dovuto, nell'intenzione dell'autore, essere dodici) Unzeitgemassen Betrachtungen (Considerazioni inattuali, 1873-76).
La prima è una critica dello spirito borghese che soffoca la cultura del tempo; nella seconda, contro lo storicismo, la dialettica Dioniso-Apollo diventa dialettica tra il futuro, che vive dell'anima dell'uomo superiore, e il passato, rinchiuso nella resistenza della storia; la terza esalta in Schopenhauer colui che ha saputo elevarsi a una conoscenza superumana; la quarta infine, scritta per l'apertura del teatro di Bayreuth, è l'esaltazione di Wagner, il profeta dello spirito dionisiaco.
Già si sente però l'imminente rottura tra i due. Con l'inaugurazione del teatro Nietzsche rimane disgustato e abbandona il Wagner.

Frattanto la sua salute peggiora ed egli chiede nell’autunno 1876 all'università di Basilea un congedo di sei mesi, che trascorre a Sorrento, ospite della scrittrice Mahvida von Meisenbug, appassionata wagneriana.
A Sorrento s'incontra per l'ultima volta con Wagner, che gli parla del Parsifal: Nietzsche ha cosi la certezza che tutto ormai è finito tra loro.

Wagner aveva imboccato col “Parsifal” la via senza uscita del misticismo. Nietzsche diede battaglia al sapere come mistificazione e come puntello di pregiudizi religiosi e morali e giunse a formulare l'ideale liberatore di una “gaia scienza”.
Frutto di questo periodo ricco di meditazioni e di intimi rapporti intellettuali con gli amici, con cui fa vita comune, è il Menschliches Allzumenschliches (Umano, troppo umano, 1878).

Il tema principale di questa raccolta di aforismi è lo «spirito libero». Libero è lo spirito quando pensa diversamente da quello che, secondo il suo sviluppo storico, l'ambiente, le opinioni dominanti del tempo, dovrebbe pensare.
Egli è l'eccezione e non importa se gli spiriti schiavi lo rimprovereranno. Il concetto di libertà spirituale è però negativo: non è proprio degli spiriti liberi avere idee giuste, quanto piuttosto l'essersi sbarazzati di una tradizione; essi vogliono delle ragioni, mentre gli altri si accontenteranno della fede. Per quanto la prima edizione dell'opera sia dedicata a Voltaire, lo spirito che la anima è lontano dall'illuminismo: questo ha fiducia nella ragione, per Nietzsche invece tale fiducia è un mito sorto dalle esigenze di determinate situazioni storiche e di determinate necessità pratiche. La morale e la religione devono essere superate, poiché solo elevandosi sopra di esse è possibile comprenderle. L'arte è una finzione ipocrita e menzognera, da commedianti, la musica un veleno dello spirito.
Storia, morale, religione, arte però devono essere sperimentate perché la vita diventi strumento del conoscere e sia possibile raggiungere la saggezza. Il Genio è un mistificatore, è il grande commediante che presenta l'apparenza sotto veste di realtà. Quest'ultima affermazione offese Wagner, che rispose con parole amare sulle «Bayreuther Blatter». Ma Wagner, che aveva ormai scritto il Parsifal, aveva assunto una posizione religiosa e mistica agli antipodi di quella nietzschiana. Lo spirito libero non può trovarsi sulla terra che nella condizione di un viandante in perenne errare, non per raggiungere una meta, poiché questa non esiste, ma per tenere gli occhi bene aperti su tutto quello che gli si presenta nel mondo, e non può lasciare quindi che il suo cuore si leghi troppo salda mente a una cosa sola (Der Wanderer und sein Schatten, il viandante e la sua ombra, 1880; e il 2° voi. di Menschiiches Allzumenschliches).

In questo suo faticoso cammino avrà talvolta l'illusione di poter finalmente estinguere la sua bruciante sete di verità; potrà così salire tempre più in alto, dove godrà di un panorama più vasto, di un'aria più pura. Ma potrà accadere che si affermi e si lasci inghiottire dal deserto e, scoraggiato da passate esperienze, maledica l'amarezza e la sete più ardente che simili miraggi avevano altra volta lasciato in lui. Si riafferma qui la dialettica, nella contrapposizione di luce e ombra; ma questi due termini antitetici non si fondono hegelianamente in una sintesi di sempre maggior luce. Più la luce diviene splendente e più l'ombra ne risulta oscura. Affiorano così i due fondamentali temi, del «superuomo» e dell'«eterno ritorno».

Nella primavera del 1880 troviamo Nietzsche a Venezia; qui, con Peter Gast, l'amico fedele, si avvicina alla musica di Chopin, nella quale spera invano di trovare appagamento. Un anno dopo, a Genova, tenterà la stessa esperienza con Bizet. Ma, in fondo, egli rimarrà sempre deluso, perché si ostina a cercare nella musica ciò che la musica non può dare. Le due città costituiscono lo sfondo simbolico e poetico dell' Aurora (1881). In questa nuova raccolta di aforismi è contenuta un'aspra critica della morale considerata come una seduttrice, la «Circe dei filosofi». Si arriva così al concetto della immoralità della morale, in quanto essa impedisce all'uomo di slanciarsi verso sempre nuove mete, in continuo superamento di sé. La verità non può essere conosciuta; essa non è vera, ma acquista «valore» in quanto impulso al continuo superamento. Essa diventa una passio nova.
Nell'agosto 1881, a Sils-Maria, dove si reca per la prima volta, gli balena improvvisamente l'idea dell'«eterno ritorno», riempiendolo di gioia e di terrore, due sentimenti che realizzano nella vita psichica del N. l'antinomia caratteristica del suo pensiero. Essi non si escludono a vicenda, ne si riuniscono in una sintesi:
sono due aspetti, positivo e negativo, di questa nuova grande idea, la quale, insieme con altri motivi che già abbiamo intravisto, costituirà l'essenza di Also sprach Zarathustra (Così parlò Zarathustra, 1883-85).
Intanto la Fröliche Wissenschaft (La gaia scienza, 1882) è l'espressione della gioia derivante dalla completa liberazione dello spirito. È l'esaltazione della vita che, negando il passato, si protende verso l'avvenire, nella ricreazione di ciò che è morto, nell'incessante ritmo dell'esistenza. Il mondo è un insieme di forze vergini sulle quali l'uomo, con la sua libera « volontà di potenza», può dominare incontrastato. Sebbene anche qui non sia assente il polo negativo dell'antinomia, perché la massima libertà può trasformarsi nella mas­sima schiavitù e l'uomo può ricadere nella miseria, il tono della « Gaia Scienza » è lieto e promettente. Essa si chiude con le parole con cui si inizierà Also sprach Zarathustra.

Lo Zarathustra rappresenta il culmine della speculazione nietzschiana; è l'opera più celebre del filosofo, quella che poeticamente ne riassume il pensiero. Dopo di essa non si presenteranno alla mente del pensatore idee nuove. Caratteristico è il fatto che in questo terzo e ultimo periodo N. scrive prefazioni a molte sue opere precedenti che le chiariscono e le inquadrano nel complesso della sua speculazione.

Nell'aprile del 1882 Maiwida gli presenta a Roma una fanciulla di origine finlandese, Lou Salomè, nella i quale egli crede di vedere la compagna e la collaboratrice; ma ella non accetta la proposta di matrimonio. L'idillio, anche se breve, è una parentesi di serenità e di umana speranza nella triste e solitaria vita del Nietzsche. Ma la delusione che egli provò, quando s'accorse dell'eccessiva intimità che legava Lou all'amico comune Paul Rèe, lo ripiomba nell'amarezza. Egli si rinchiuderà anche maggiormente nella sua insanabile e malinconia dopo il matrimonio della sorella Elisabetta con Bernhard Förster, entusiasta wagneriano, e la partenza di lei per il Paraguay.
Nel 1886 il N. pubblica Jenseits von Guten und Bösen (Al di là del Bene e del Male), che è la sua opera più importante nel campo dell'etica. In essa si trovano idee già abbozzate e in parte espresse in scritti precedenti (dal 1882 al 1884) che nel 1885 egli aveva raccolto in un volume dal titolo Wille zur Macht (La Volontà di Potenza, ediz. definitiva 1906).

Continuano gli spostamenti del fugitivus errans: la Riviera, Venezia, Sils-Maria. Negli scritti di questo pe­riodo (che saranno riuniti poi in un'edizione postuma dal titolo Wille zur Macbt, comprendente le opere già precedentemente raccolte sotto questo nome) ritorna il problema di Wagner. La vittoria della nuova Europa deve essere una vittoria sul wagnerismo, che viene ora identificato con il nihilismo. L'antinomia si presenta come contrapposizione di Wagner, e Antiwagner, simboli rispettivamente della decadenza e della volontà forte.

Nella primavera del 1888 troviamo N. a Torino, dove scrive una nuova « Inattuale », Der Fall Wagner (II caso Wagner, 1888). È un libero sfogo di quell'anti-wagnerismo che già si celava nella « Inattuale » su Wagner del 1876. Nell'estate a Sils-Maria scrive la Götzendàmmerung (II Crepuscolo degli Idoli, 1889), una nuova critica dello storicismo: l'impulso alla vera storicità deriva dalla vita, la quale si afferma con la volontà dell'ingiustizia, che è vita e che tende verso il nuovo e il futuro. Il Der Antichrist (1894) ritorna, approfondendola, sulla critica del cristianesimo, che a N. appare come negazione di vita. In Ecce Homo (postuma, 1908) N. presenta sé stesso e riafferma il dominio dello spirito sulla materia. L'ultima sua opera è N. contro Wagner (1889).

Il 22/12/1888 egli è colpito dalla follia a Torino.
Un amico, l'Overbeck, lo riconduce in patria. Il 25/08/1900 muore a Weimar in una villa che la sorella aveva fatto costruire per lui e che è stata trasformata in museo nietzschiano.

Oltre alle opere citate ricordiamo un corso (Sulla filosofia nell'età tragica dei Greci, 1871) e una raccolta di discorsi: Sull'avvenire dei nostri Istituti (1871).


 

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