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18/04/2006 articoli  
Bruno Russo- CARTONI ( da 'Il Roma' del 18/04/06 pag. 11 )
Alcuni giorni fa sono andato alla stazione centrale di Napoli, meta di
tantissime persone che vivono in condizioni che definire indigenti è dir poco, ad accompagnare un amico che fa volontariato e che si era organizzato per offrire a queste povere persone, in occasione delle Feste Pasquali ormai prossime, un piccolo granello di ristoro nel formato abiti vecchi e dolciumi vari. L'orario era tardo e molti avevano già spiegato in terra i cartoni e le coperte sudicie per affondarvi i loro stanchi corpi e sconfiggere il freddo e la notte, guardati a vista da turisti giapponesi che anche di sera non perdono l'occasione di immortalare nella loro fotocamera digitale una delle, ahimè,
immagini tipicamente note della città. Nell'offrire loro questi modesti doni, gli sventurati si mostravano alquanto indifferenti e pochi abbassavano lentamente il viso in segno di gratitudine e proferivano qualche parola in una lingua a noi sconosciuta. Tra costoro ci sorrise con ironia un vecchietto dall'aria distinta che si spacciava per un ex imprenditore del Nord. Fu lecito il sospetto che la sua condizione fosse stata causata da qualche trucchetto che, senza intenzione di dolo alcuno, aveva perpetrato per arrotondare il suo stipendio ma la risposta fu ben diversa: ' sono stato lasciato a mia moglie anni fa ed i suoi avvocati sono riusciti a spillarmi tutti i soldi che avevano richiesto, i miei due figli, adulti ed in viaggio per il mondo, mi hanno poi
praticamente disconosciuto perchè mi accusano di essere stato assente dalla famiglia per colpa del lavoro; per non parlare degli amici che pian piano, quando non conti più, preferiscono scaricarti e fingere di non averti mai conosciuto, per non provare essi stessi vergogna'. Noi ci volevamo congedare da costui perchè dovevamo distribuire altri sacchi di robba e poi perchè il tanfo non era trascurabile , ma l'uomo afferrò il mio braccio e con due occhi scavati che sembravano due perle opache in un mare di lacrime, continuò: ' Non è stato questo a ridurmi così, assolutamente no, non sono uno sprovveduto tale da perdere tutto in un secondo, ci potevo riuscire solo con l'aiuto di Irina!'. Irina era, a suo dire, un'avvenente bionda di ventisette anni originaria della Ucraina, che lo sventurato raccontò di aver incontrato in un bar per puro caso. Il patto che ne era seguito era di una semplicità disarmante: la donna avrebbe lavorato come domestica presso il bivano in affitto, unica casa che gli alimenti coniugali permettevano al vecchio di disporre. Il problema fu quando il vecchietto se ne innamorò, perchè è tanto facile che in questa società, dove regna la solitudine, scoppi
l'amore nelle condizioni più difficili, dove regna l' interesse. I molteplici regali, le cene, i vaglia che venivano spediti ad una mamma centenaria malata ma di dubbia esistenza, ridussero gli averi a poche banconote, che si assottigliarono sempre di più fin quando le carte di credito non diventarono che figurine da collezione. Quello che più mi toccò, di tutta l' esperienza, furono le sue ultime parole prima di lasciare per l'ultima volta il mio braccio, forse uno dei suoi ultimi contatti di amore : ' Irina un giorno mi disse che la mamma si era aggravata e che voleva sostenere il viaggio per vederla l'ultima volta. Le detti tutto quello che restava e lei pure, guardandomi, fece altrettanto: mi prese il mento tra le dita e lo alzò di poco come faceva mio zio da piccolo, che lui aggiungeva in napoletano : "quanne' si fesse! '. La morale è che il napoletano migliore non è quello che ha paura di essere fatto fesso continuamente, perchè le amministrazioni della città non si sono mai messe in discussione per la città ma hanno avuto solo la paura di
perdere potere: il napoletano migliore è quel vecchietto con gli occhi scavati ed un mozzicone consumato ma ancora acceso, è il nobile decaduto.

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Fonte: Bruno Russo
 

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