La moda non è solo abbigliamento. L'uomo "animale" nato nudo, come è stato descritto dallo scrittore inglese Carlyle, ha bisogno di abiti per ripararsi dal caldo e dal freddo, dalla pioggia, dalla neve e dai raggi del sole.
Se dovessimo proteggerci solo dagli influssi ambientali, anche pochi capi
d'abbigliamento potrebbero bastarci per tutta la vita.
I vestiti, da sempre, hanno avuto la funzione di ornare l'uomo e di renderlo
riconoscibile. Per questo, i primi costumi folcloristici avevano la precisa funzione di far capire l'appartenenza a un determinato gruppo. "Il costume", a differenza dell' "abito, si contraddistingue per la sua persistenza nel tempo. non lascia molto spazio all'individualità, ma ha solo la funzione di sottolineare l'appartenenza del suo indossatore a una categoria; inoltre evidenzia il desiderio di mantenere le tradizioni. Fino al XIX secolo una precisa etichetta stabiliva chi poteva indossare un certo tipo di abito facendo in modo che le differenze sociali venissero consolidate e rese facilmente riconoscibili. La violazione di questi ordini era addirittura perseguibile, spesso, si arrivava alla punizione.
Comunque la vanità degli uomini non si riusciva a contrastare, nè con regolamenti, nè con divieti. Si può parlare di moda dal momento in cui balzano in primo piano il piacere di farsi belli e di ornarsi e la voglia per il nuovo a dispetto della funzionalità.
La moda ha come fine principale la realizzazione di un paradosso: essere
completamente se stessi e inconfondibili e nello stesso momento dimostrare
l'appartenenza a un gruppo, qualunque esso sia. Moda significa cambiamento continuo, sinonimo di individualità e transitorietà e proprio da questo ne deriva il suo fascino.
Paolo Bigoni.
Fonte: Paolo Bigoni.