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28/10/2005 CULTURA  
Bruno Russo- UMOR VITREO ( da 'Libero' del 29/10/05 pag. 14 )
Quando penso a tutto ciò che gira attorno al fermarsi un tempo determinato a riflettere o pregare " all'ombra dei cipressi o dentro l'urne " , oppure le varie problematiche che riguardano la gestione degli ultimi minuti della vita ove risiede il caro estinto, mi viene a mente ciò che provai quando, anni addietro, visitavo il castello aragonese che si trova ad Ischia, amena isola nel golfo partenopeo. Ad uno dei piani alti dell'edificio esiste un luogo denominato 'convento delle clarisse' ed annessa una stanza ampia nella quale, lungo tutto il perimetro, sono disposti dei troni in pietra con un un grosso foro al centro. Una targa di marmo sull'esterno spiega le cose: le suore clarisse dovevano raccogliersi in preghiera ogni giorno per quasi 24 ore in questo luogo, osservando i corpi delle sorelle decedute, che venivano posti su questi poggi in corrispondenza dei fori, consumarsi lentamente lasciando scorrere nel buco i residui (da cui il brutto termine napoletano 'scolare' ). Il testo inciso continua, spiegando che questa orrenda visione serviva a far riflettere sul significato della nostra vita e del nostro compito sulla terra. Ora il punto è questo: quando la religione, e Giovanni Paolo II è stato un chiarissimo artefice del concetto, insegna a non aver paura, come una nota frase scritta sulla copertina di uno degli ultimi libri dell'amato Carol, riporta l' essere a quel momento di libertà nel quale esprimere un concetto cristiano, adorare il ricordo di un defunto, pregare per la sua anima o qualsiasi altra azione è il prodotto di un sentimento vero che talvolta, per ritenerlo tale e farci belli al Signore, sostituiamo con il flagellarci o con i sensi di colpa, tipici del 'dopo' perchè riedificano una immagine che ha il vantaggio di essere purtroppo innoqua. Un sentimento di puro
contenuto cristiano, non può non prescindere dal fatto che Gesù ha voluto riferire la Chiesa all'apostolo Pietro, dai precedenti non certo limpidi, e non a Paolo che era un 'primo della classe': si è cercato insomma di perpetrare nel tempo il concetto dell'imperfezione umana come veicolo ideale per tramandare il messaggio del Messia. Quindi qualsiasi cerimonia o gestione del caro estinto e soprattutto del suo ricordo, dovrebbe essere fatta non estremizzando nell'animo della gente il senso della precarietà e del provvisorio misto alla paura che se si esce fuori dalle rotaie il nostro treno si sfracela, ma facilitando quella sensazione di amore puro, durante la quale la stessa nostra salute, i soldi, la professione, i pensieri, i tormenti ed i desideri scompaiono e gli interessi materiali in genere non danno più sicurezza.
Solo in questo momento l'evento luttuoso suscita nell'animo il senso di Dio perchè ci troviamo liberi, ma soprattutto nudi ed indifesi nei confronti della vita e compiamo il gesto che forse al Signore piace di più: l'umiltà. Attraverso questi 'momenti meno costruiti e di certo più spontanei possiamo accarezzare quella profonda spiritualità che ci dona l'estinto, conferendogli il ricordo che come tutti i veri sentimenti è concretamente eterno e si condensa, come la rugiada su un fiore, con una lacrima sui nostri occhi.

Bruno Russo
Fonte: Bruno Russo
 

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