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10/05/2009 ARTICOLI  
Bruno Russo- LA SPADA DI DAMOCLE ( da 'Il ROMA' del 10/05/09 PAG. 22 )
Il G20 è iniziato. Due le cose interessanti: le Banche sulla sedia elettrica della violenza no global, e la contrapposizione dell’Europa ad una America che non può rovinare il mondo economico e poi chiedere scusa. Ne consegue il maggiore imbarazzo della politica di Obama, che come tutte, risulta obliqua se i dissidi affluiscono dalle viscere interne: molti analisti americani intravedono nel suo muoversi , l’impatto duro, da boxer, come sono stati i suoi primi mesi alla presidenza degli Stati Uniti. Anche la gente comune di tutto il mondo guarda attonita le sue mosse: dal suo fisico da longevo americano degli anni 30 ci si aspettava un affondo più soft in molte questioni, che adesso sono “levigate” dall’azione buonista di Ilary Clinton; densa di aperture ma non lasciva verso i paletti necessari della politica internazionale. La chiusura del carcere di Guantanamo è stato il suo primo affondo, che per un attimo ha illuminato l’eclissi secolare U.S.A. per la sussistenza dell’esecuzione capitale. Chiudere Guantanamo è stato come archiviare un nodo di sensi di colpa; anche se la macchina da guerra statunitense si è spostata, in sintonia, guarda caso, anche con la strategia difensiva dell’ultimo periodo di Bush, dal golfo persico all’Afghanistan. La marcata differenza con il precedente entourage Bush, si intravede allora nella nebulosa costellazione dei temi etici con particolare riferimento alla ricerca sulle staminali e all’interruzione della gravidanza: un vero cambio di rotrta, a 360 gradi, che resta difficile da concepire anche dalla sua stessa parte politica. I modi di Obama piacciono alla gente comune, a coloro che preferiscono l’immediatezza alla qualità, lasciando alla politica il giudizio restrittivo sulle sue azioni, troppo stataliste per i repubblicani, troppo liberiste per i democratici. Si rinnova allora l’idea che in realtà Obama sia una via di mezzo, tra le due principali politiche U.S.A., e che sta scontentando soprattutto i democratici, che non sono mai stati avvezzi a tali dinamicità. Nasce da ciò e dagli umori del G20, la spada di Damocle che rischia di restare verticale sul nostro groppone in futuro, minacciando un rigurgito mondiale di violenza: baipassare le aperture troppo dinamiche di Obama con un colpo di frusta al principale stato canaglia, che oltre a difendere il terrorismo, odora di uranio arricchito, l’Iran. Lo afferma lo stesso Netanyahu, con una sorta di “se continua così, facciamo noi”, caratterizza il modulo e il verso della succitata spada, che di fronte all’eclettica politica di Barak, promette lampi e scintille. Le cose sono messe male, e la foto del G20 è denasa di mille messaggi subliminali tra le righe. In tale contesto il nostro premier, generosamente, rischia di impersonificare l’essenza italiana dell’arte fine a se stessa, delle invenzioni giuste che agli altri colossi internazionali servono poco, intenti come sono a preparare menu virtuali e pericolosi. L’unica consolazione resta la vittoria di Obama in campo sanitario, problema che conosce bene chi è andato con la famiglia a lavorare per un certo periodo negli U.S.A., con un’assistenza praticamente inesistente. La salute deve essere al di sopra di tutto, perché se si sta male e non si posseggono mezzi per curarsi, devono cadere tutti i muri del mondo.. La comunità mondiale concreta contro le ingiustizie, abile anche a contrastare la formatura di un conflitto mondiale, dovrebbe nel G20 avere il coraggio delle decisioni scottanti, come propellente utile al serbatoio del veicolo spaziale, che deve portarci lontano dalla recessione. Dalle nostre parti il governo sta facendo molto in tal senso, con la sicurezza, con la casa, con la scuola. Lascia di stucco molti, e i no global si intravedono sicuramente molto meno di prima.

Bruno Russo



Fonte: Bruno Russo
 

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