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07/03/2007 ARTICOLI  
Bruno Russo- LA SEDIA INCATENATA ( da 'Il ROMA' del 07/03/07 pag. 34 )
A Viale Michelangelo, nel cuore del Vomero, desta la curiosità dei passanti
lungo il margine del marciapiede lato destro a scendere, una sedia di legno
legata ad un palo con una catena da motorino. E’ uno dei tanti aspetti
curiosi della metropoli partenopea, che stuzzica la fantasia ancor prima di
avere una spiegazione, lasciando a me come ad altri la possibilità di
assumerlo come emblema di qualcosa di forte che deve essere comunicato. Per quanto mi riguarda, potrebbe rappresentare in un museo di arte
contemporanea una scultura moderna di arte rappresentativa, il simbolo di
una napoletanità che ha fatto attaccare il proprio sedere alla terraferma,
come fuso in una base di cemento. Si, perché l’atavico destino di nobiltà che caratterizza la storia napoletana, per molti simbolo di inattività e di inutilità, urla in queste ore la sua volontà di parlare, come se la strada fosse un pubblico Maurizio Costanzo Show, un teatro all’aperto per confortare la gente che non ce la fa più. E’ proprio quel perbenismo che una volta era inseguito socialmente da tutti i livelli della città, che oggi manca, perché la praticità alla quale l’amministrazione ci costringe a vivere, si scontra con una mancanza di praticità che fa parte della nobiltà partenopea che è il perno delle sue tradizioni migliori. Nobile non vuol dire ricco, ma anticamente era colui che aveva il cuore buono, soprattutto in ambito militare, tanto da fregiare se stesso e la sua discendenza, di un simbolo atto a trasmettere le gloriose imprese di una famiglia ai discendenti. Oggi purtroppo la nobiltà di cuore napoletana è un po’ in crisi e la maleducazione regna in città, si fa spazio in ogni settore e in ogni quartiere, ma non è una caratteristica del popolo, bensì un segno di profonda stanchezza, qualcosa che ha bisogno di ancorare quelle poche certezze rimaste ad un robusto riferimento, proprio come quella sedia, nella paur che anche questo possa essere portato via da qualcuno. Che ci vogliamo fare, l’assistenzialismo nel lavoro, nella politica, nelle burocrazie, rende ogni giorno più disperato svincolare i propri guai da quell’angolo di cemento, nel quale la realtà ci ha assegnato; ma ciononostante, il monito di De Filippo a lasciare la città non è ascoltato, lasciando alla luce del sole la poca nobiltà rimasta che è la rinuncia alla fuga per un mondo nuovo, per non abbandonare quella possibilità di riscatto attaccata alle nostre coscienze proprio come quella sedia al palo. Una possibilità che preferisce la sedia perché è una comoda osservazione di una verità che tragicamente si rivela all’improvviso davanti ai nostri occhi: l’ipotesi che questo governo potesse fare realmente qualcosa di importante per Napoli ed invece, per un motivo o un altro ha ancora tragicamente fallito. Il piano per la criminalità è un tessuto che la penelopea politica che amministra Napoli, assembla di giorno e sfila di notte, ben sapendo che di giorno nessuno se ne accorgerà per la fretta alla quale siamo tutti sottoposti. Mi piacerebbe pensare che grazie alla creatività partenopea, c’è allora qualcuno che in un silenzio nobile, pacato ed ironico, non ci vuole stare a queste condizioni. Egli non scapperà mai, anzi ha legato il trono delle sue osservazioni ad un palo della luce, per paura che possano
rubargli anche l’ultima possibilità di comodità, nello scenario unico e
confuso della metropoli che resterà la più bella del mondo proprio per la sua individualità: una perla più di ogni altra inscindibile dalla luce, come noi napoletani dalle certezze quotidiane, alle quali ogni nobiltà sarà legata per sempre.

Bruno Russo- Napoli
Fonte: Bruno Russo
 

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