’Con questa costituzione si resta indietro’ e Prodi lo sa, perché le
regole della carta sono state scritte nel 1948; periodo di preoccupazioni
legittime, poi superate e saldate con il boom economico. In quel tempo il
timore di destabilizzazione politica e di oligarchia, esisteva, perché un
periodo postbellico è sempre confuso, ma non è corretto oggi riesumare in
questioni referendarie e politiche, i fantasmi del passato, spaventando la
gente e riducendola all’immobilità decisionale, uno stallo umano con
preludio alla rinuncia a recarsi al voto. Ci sono due cose, per intenderci,
tra le tante che cambierebbero in positivo, se si rieditasse con prudenza
la nostra Costituzione all’interno di un processo di riforme concrete; una
è l’impossibilità di avere la miriade di governi nell’equivalente numero
di legislature, che ha permesso al centrosinistra di effettuare le pastette
passate, di annullarsi e ricomporsi dopo poco, lasciando attonita la
gente, mentre l’Italia appariva all’estero un Paese scialbo. La seconda è
costituita dai pieni poteri al premier, che non è un tentativo di simulare
la repubblica presidenziale sotto vuoto spinto, ma significa tentare di
conferire al governo efficacia unita alla possibilità decisionale solo di
colui che siede nella poltrona più grande: il primo ministro determina la
politica dell’esecutivo, nomina e revoca i ministri, ha il potere di
chiedere al Capo dello Stato lo scioglimento delle Camere. Con queste
premesse e con le norme antiribaltone che le accompagnano, si assicurerebbe
la stabilità ad interim con il processo di riforme, che è lo stesso che ha
fissato, il passaggio dai mille governi alla politica dei due schieramenti.
Nessun esponente del centrosinistra attualmente al governo, dovrebbe
permettersi di scambiare ciò con qualsiasi parvenza di assolutezza o di
dittatura, perché i tempi che stiamo vivendo, dopo aver acquisito
ampiamente i principi democratici e averli fatti propri, devono concorrere
a depurare lo stesso sistema democratico di base, dal qualunquismo e
dall’ipocrisia che talvolta lo caratterizza, trasformandolo in democrazia
diretta. La Costituzione Europea e quella Italiana, possono rappresentare
due appuntamenti necessari per dimostrare che le paure si superano se si
salda l’unione di un popolo: evidentemente per qualcuno non è così, in
barba alla necessità di chiudere le divisioni storiche nel baule delle
cose dimenticate, per poi buttarne la chiave. Il problema è che, ad animare
il dissenso nel centrosinistra non è solo l’assolutismo paventato
dall’Unione, ma la paura di vedere con le riforme cambiare troppo il Paese,
perdendo la possibilità di poterlo controllare con lo stato e con le coop,
con le stesse facce di sempre, come se ciò non fosse oligarchia. L’Europa
poi, farebbe bene ad essere più politica, valutando se stessa sulla base
della verifica dell’avvenuto processo di sostituzione tra imperi e
democrazie. Ricordiamo che lo stesso Gorbaciov, in una recente intervista,
ha detto che il problema dell’Europa è pensare che il passaggio alla
democrazia di molti stati dell’est sia un processo completamente avvenuto.
Se non si cambia capendo la realtà, vedremo sempre la stessa politica e in
Europa anche tra cento anni, scene simili al tripudio con il quale la
Francia ha legittimamente acclamato il nuovo beniamino conservatore, come
se fosse il Messia venuto a riportare le cose a posto sulla Terra: solo
perché ha rispolverato l’esigenza legittima di ciascuno di noi di non
perdere la propria identità e cultura, di cittadini e di nazione..
Bruno Russo
Fonte: Bruno Russo