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Bruno Russo- [ EVENTI ] I MIEI PRIMI 40 ANNI ( da "il ROMA" del 12/01/2011 pag. 23 )
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21/02/2007 ARTICOLI  
Bruno Russo- IL QUARTIERE BENE ( da 'Il ROMA' del 21/02/07 pag. 27 )
I reggenti moderni del demanio partenopeo non tengono conto della
valorizzazione delle aree che dagli anni ’60 ad oggi hanno caratterizzato
l’assegnazione dei diversi quartieri come portatori di mode da imitare. Se
partiamo dalla collina di San Martino, occorre dire che il Vomero, ridente
zona ormai preda di una borghesia intimidita dalle tasse, sta sprofondando
lentamente e con esso coloro che credevano che in queste zone si
sarebbe stati al riparo dai guai, piovuti con l'urbanizzazione selvaggia
degli anni 50 e 60. I luoghi modaioli non contemperano il Vomero da tempo
e il ricordo di una Piazza Vanvitelli ben frequentata negli anni ’70 è cosa
di poco conto. Più fortunata è sicuramente l’incantevole collina di
Posillipo con il suo litorale, che ogni tanto sussulta insieme ai pochi
politici reduci che ci abitano, per i movimenti geologici dovuti
all'azione dei vulcani marini della costa flegrea. Del resto il Vesuvio
desta non poche preoccupazioni per le microattività rilevate, dal
continuo monitoraggio del ph nel sottosuolo delle zone collegate con
il vulcano, mentre il cono del cratere si riempie, come un gelato, di case
e strutture varie che rischiano di essere invase dalla lava. Ma per fortuna
lo sviluppo urbano a Posillipo è assente e chi rompe la tregua è il solito
furbo che prima o poi si fa scoprire. Qui esiste una tradizione modaiola
che vanta in Via Petrarca il fiore all’occhiello del ritrovo all’aperto di
classe; quello che imponeva negli anni ’70 di aver fatto almeno due anni di
presenza nel famoso ‘Serpentone’, il bar nella curva più bella di Napoli,
sponsorizzato con il suo autoadesivo sulle vespe 50 che giravano dovunque.
Ma entrambi i quartieri, risultano oggi addormentati, il primo dal gas
degli scarichi ed il secondo da un’apparente solitudine che un tempo solo i
politici che contavano poteva rendere diversa. L’unico quartiere che brilla
ancora, perchè nasconde quella nobiltà che oggi porta i jeans, è il
quartiere Chiaia con la sua movida dei baretti, che piacente o non piacente
è l’unica realtà positiva della città. Si, perché qui vengono a paventare i
propri fianchi o le proprie macchine da tutta la regione, anche se le
persone originali del luogo si riconoscono sempre per il loro charme, per
la loro finezza e per non essere eccentrici con cose particolarmente di
moda. Quando chiedi perché i giovani preferiscono questi luoghi, vi
rispondono << perché qui uno si rifà gli occhi >>: una realtà dalla quale
non si scappa. Tutto ciò mentre sbuca come un fiore nella lava, il ricordo
della famosa ipotesi di abuso d'ufficio per la ristrutturazione del debito
della Regione, quando occorrevano con urgenza fondi per arginare il
pericoloso dissesto idrogeologico che tutti, dico tutti, i quartieri di
Napoli denunciavano, per non parlare degli scandali e dissesti nel
settore ambientale, che ormai sono una nobile accettazione. Ma la giunta
ha sempre avuto scarso interessamento, visto che si potevano utilizzare
fondi europei previsti all'uopo. Napoli è diventata così, il cantiere che
conosciamo, in un continuo dissesto, con funzione di labirinto per gli
autoveicoli e pista da slalom gigante per i problemi, che scivolano via
restando appesi nell'aria. Il tutto nel rispetto di quella toponomastica
che ha realizzato i vicoli e le viuzze battezzandoli con i loro principali
requisiti: andate a vedere in Vico Belledonne e lo capirete. Non ci
assopiamo tutti nell’assistenzialismo diffuso che il centrosinistra ha
realizzato un po’ dovunque e che ha fatto svanire i profumi dei quartieri
bene, come la guerra fece sparire quelli dei cafè chantan.

Bruno Russo
Fonte: Bruno Russo
 

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