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04/12/2012 ARTICOLI  
Bruno Russo- [ SPETTACOLO ] AL DI LA' DEL MARE C'E' IL CUORE
Oltre il mare ci può essere il nulla o quell’orizzonte terso che la speranza pone in ognuno di noi come domani migliore, ci può essere una persona che non possiamo più rivedere o conquistare, e forse se non proprio essa, esiste alla fine di un processo di sintesi intellettiva, la ragione che ci fa vivere ancora in attesa di qualcosa di bello, attraverso determinate sensazioni che ci è sembrato molto bello provare.
A Teatro tali premesse possono essere insite in varie occasioni, ma quella che si è avuta al Teatro Bracco con il titolo “Al di là del mare – per non dimenticare “ è qualcosa di speciale perché oltre a riassumerle tutte, parte dall’impressione di trovarsi in uno spettacolo divertente che molti spettatori frettolosi avevano prima di vederlo, per poi assumere i contenuti e la drammaticità che verte spesso le storie di donne che hanno affrontato il loro dovere in una maniera per niente asettica, portandolo avanti fino al sacrificio.
La commedia di Ciro Villano, Caterina De Santis e Gaetano Liguori, per la regia e l’adattamento dello stesso Liguori, in programmazione al Teatro Bracco dal 15 Novembre al 2 Dicembre, si è impressa così nelle memorie di chi l’ha vissuta, interpretata ma anche vista, come quel progetto introspettivo di far apparire il ruolo delle donne che affrontano aspetti difficili del loro mestiere, paritetico a quello dell’angelo custode che giunge per aiutare altre donne in difficoltà, ma anche una comunità intera di rimando, e poi scomparire, come un angelo per l’appunto. Sul palco con la De Santis, Umberto Bellissimo e Davide Ferri si sono divisi la scena con dinamismo un pool di attori molto motivati dal progetto: Francesca Marini, Francesco Ruotolo, Rosalba Di Girolamo, Edoardo Guadagno, Francesco Pirozzi, Anna Capasso, Angela Caterina, Nunzio Coppola, Carmen Landolfi, Walter Lippa, con le musiche di Armando De Simone e Liberato Santarpino, le scene di Tonino Ronza, i costumi di Maria Pennacchio, le coreografie di Ettore Squillac, l’aiuto regista è Lella Lepre, mentre la direzione tecnica è affidata ad Enzo Piccolo.
Il filo conduttore è stato così interpretato dalla figura della compianta Emanuela Loi, facente parte della scorta di Paolo Borsellino e morta nella strage di Via D’Amelio in quel trsite giorno di Luglio del 1992. Emanuela affronterà, interpretata da Caterina De Santis capelli rossi e divisa blu, altrettanti casi di figure femminili diverse nel dolore, ma legate dalla sorte precaria di gente provenienti sulle nostre coste dai Paesi che si affacciano sul Mediterraneo: figure femminili sfruttate per poter vivere, malmenate materialmente e moralmente per poter condurre il compito terribile di madri di figli senza futuro e mogli di malviventi senza speranza. Il dramma ben confezionato dal cast, ha così cambiato l’aspetto della rappresentazione fino a inchiodare lo spettatore alla poltrona, per la forza con la quale i concetti di cui sopra sono stati espressi, e condensabili in quella ripetuta deflagrazione che caratterizzava le esplosioni in Via D’Amelio e che ha fatto vibrare le pareti del Bracco, anche se la possente voce del bravissimo Umberto Bellissimo già ci era riuscito prima.
Per non dimenticare, non si limita così al trito e ritrito accolito legato agli avvenimenti, ma estrapola gli aspetti migliori di un grande sacrificio umano: anche per far capire che gli eroi esistono e non dovrebbero essere ritenuti tali solo dopo il loro decesso, anche perché ci sono tante Emanuele che mentre leggiamo stanno con difficoltà estreme affrontando il loro compito, anche all’interno di quattro mura domestiche: l’estrapolazione riguarda soprattutto la singolarità della prima donna entrata a far parte di una scorta e a cadere in servizio, che a differenza dell’immagine di Borsellino che ha fatto il giro del mondo, la sua è rimasta là intrisa nelle pareti di un posto di Polizia, e addormentata nei ricordi di chi l’ha conosciuta.
Emanuela anche ci ha creduto fino in fondo, e ha aiutato altre donne a riscattare la loro dignità, anche se poi l’hanno dovuto pagare a caro prezzo, anche se solo una alla fine, interpretata dalla bravissima attrice e cantante Anna Capasso, dopo i vari andirivieni causati dai leciti timori che portano a condannare e ritrarre, ha avuto il coraggio di collaborare con le Istituzioni:Cristina Jovenkov albanese ( Anna Capasso ) , riesce a vincere il silenzio molte volte complice del male, e rivolgersi contro la mafia che comanda indisturbata e guadagna con la prostituzione; Maria Luongo ( Francesca Marini ) una napoletana vittima di ogni forma di violenza da parte del marito, sessuale e isterica, che la porterà a ribellarsi contro tutto un sistema e a rimetterci la pelle.
Insieme a loro la ‘voce di dentro’ Rosalba di Girolamo, controcanto alla greca delle parole non dette che si inserisce in ogni dialogo per centellinarlo laddove noi non siamo efficaci e coraggiosi nell’esprimerlo, perché sappiamo bene quanto le verità si nascondano nelle parole non dette, seppur immaginate.
Se Massimo Troisi ci diceva divertendo “Non ci resta che piangere”, G. Liguori afferma “Non ci resta che la speranza” che è essa stessa un progetto, che parte dal ricordo della figura di una eroina semplice e caparbia e la colloca all’interno di una collezione di storie che se non siamo ciechi potremmo facilmente tenere in conto.
Ancor più il rumore di quella dinamite, diventa l’esplosivo che deve squarciare il silenzio di molte coscienze, che sanno benissimo che certi mali sono conservativi e quindi occorre che l’insegnamento di uomini come Falcone e Borsellino, nonché donne come la Loi, serva ad essere semplicemente migliori, e se non lo si può fare con le proprie mani o con la propria testa: farlo con il cuore è forse anche meglio.
Il Teatro Bracco di Via Tarsia 40 è inserito in un quartiere a rischio, e la sua funzione rappresenta quella componente culturale preziosa che ad un territorio ostile come quello napoletano, non può che fare bene, anzi benissimo. Portare oggi a Teatro persone per riflettere e non dimenticare, può avere risultati più veementi, di farle sorridere per due ore e poi violentarle con il contatto della dura realtà che esiste al di fuori delle porte di un Teatro. Così tutta la produzione e il progetto “Al di là del mare “ dovrebbe essere portato in tutta Italia perché le pareti di un teatro assomigliano molto di più alla nostra coscienza, di quanto lo può fare una pellicola cinematografica fatta di effetti speciali e di boss imperterriti che sembrano i Pecos Bill della nostra infanzia. Iniziative come queste, potrebbero educarci meglio di molti libri scolastici, se non altro perché i professori che lo impartiscono, sono personaggi che mietono il comico e il drammatico come lo fa la vita, sono le ragazze del cast che hanno saputo cantare e posare con le movenze di una casa di moda, sono gli attori che hanno rappresentato interpretandolo, lo stress, il dolore e la speranza.
Il miglior modo di raffigurare una speranza è cantare, e il testo scritto da Ciro Villano insieme a Gaetano Liguori e Caterina De Santis lo esprime appieno, e non a caso la bellissima voce di Anna Capasso che alla fine è l’unica a ribellarsi veramente: ella esprime come occorrerebbe realmente integrarsi nelle nostre comunità, ovvero avendo un pizzico di fiducia in più nell’interfacciarsi, che non nasce solo da disperazione ma anche dai sentimenti dedotti da tanto dolore: tutti bravi e un commissario Umbero Bellissimo che si può dire ‘mattatore’ di un ruolo di responsabilità che spesso deve tener conto di tante dubbie certezze, e agire solo urlando contro l’ingenuità che appartiene anche chi vuol fare, come la stessa Caterina che esprime la femminilità che non cede a niente, lasciando la sensibilità eccelsa alla sua bellissima voce.
Il prestigio di un progetto di spessore è questo, e si può aggiungere solo il fatto, che ad ogni ricordo di quella fatidica giornata per Via D’Amelio, dal pubblico ci sono troppi commenti eguali, e inneggianti al muro di gomma e omertà che fa di contorno, quasi proteggendoli, ai veri colpevoli che ancora non si conoscono, o meglio ai mandanti che non si vogliono far conoscere: però questa reazione è parente della rassegnazione, e non va bene con il Teatro che si impegna a risvegliare il ruolo di attore principale della propria vita, che albera in ciascuno di noi.

BRUNO RUSSO




Fonte: Bruno Russo
 

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