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22/07/2011 ARTICOLI  
Bruno Russo- [ CULTURA ] - ANTICHE ROTAIE ( da "Il Secolo" del 22/07/2011 pag. 14 )
Nel Gennaio di 72 anni fa circa, un ingegnere francese di nome Armando Bayard presentò il primo piano ufficiale relativo alla costruzione di un tronco ferroviario nel Regno delle Due Sicilie: parliamo della tratta Napoli-Nocera dei Pagani, con una deviazione utile per raggiungere Castellammare. Le condizioni della rete stradale napoletana nella metà del XIX secolo non rendeva possibile l’introduzione di mezzi con propulsione a vapore, causa le condizioni del territorio, sconnesso e pieno di pantani: esattamente quello che sta venendo fuori in questi giorni grazie ai mille cantieri e ai mille dissesti. Il progetto Bayard ottenne il placet del ministro degli interni Santangelo e del Re in persona. I lavori iniziarono l’8 Agosto e il primo tratto della Napoli- Portici venne inaugurato 2 mesi dopo: per l’epoca l’opera era qualcosa di inimmaginabile, anche perché il primo disegno prevedeva che i binari si dovessero avvicinare di molto al Vesuvio, percorrendo fiumi e parchi, lambendo le ville eleganti che l’aristocrazia del tempo aveva fatto costruire in quelle zone, dalle quali il panorama diventava l’elemento preponderante; parliamo del cosiddetto “Miglio d’Oro“. La prima linea percorreva 4,5 miglia napoletane pari a 7 Km circa, partendo dall’antica Via dei Fossi, che sembra nel nome, ricalcare ironicamente la sostanza delle strade odierne: la strada si trovava nella zona est di Napoli con una stazione che sembrava un vero e proprio cantiere attrezzato, nonostante gli uffici e le sale di attesa. La prima strada attraversava decisamente una zona piena di paludi; il punto di innesto con la strada per le Calabrie fu ottenuto, previo la costruzione di un ponte a due archi in diagonale, che possedeva al di sopra il passaggio delle auto e sotto il transito dei treni. In realtà ce ne vollero 33 altri semplici e 3 sopraelevati, per consentire il passaggio delle vie e dei corsi d’acqua. Al Museo di Sam Martino possiamo ammirare il dipinto di Salvatore Fergola, che immortala l’inaugurazione del tratto Napoli-Portici del 3 Ottobre 1839: da esso si evince il padiglione per l’occasione che fu eretto presso il Granatiello a Portici , ovvero il porto, accanto alla villa del principe Monteroduni che ospitava il Re e la sua famiglia. Ovviamente un altro padiglione fu eretto nella Via dei Fossi, oltre le mura Aragonesi, per la cerimonia di arrivo . Via dei Fossi rappresentava la contiguità con il centro pulsante del commercio di allora, la famosa Piazza Mercato. In essa, tra l’altro, convergevano gli altri mezzi rudimentali per il trasporto di allora: le diligenze dalla provincia e dalle altre arterie regionali borboniche. Il tripudio e il ricordo di tale evento unico e originale, iniziò a sbiadirsi con la partenza delle ferrovie Meridionali: essa fu compresa nel complesso del dopolavoro ferroviario fino alla prima guerra mondiale. Nell’interno della stazione venne addirittura realizzato il famoso “Teatro Italia”, per poi subire danni permanenti, provocati dalla guerra, dall’esplosione nel vicino porto della nave Caterina Costa nel 1943, nonché dal terremoto del 1980 che gli dette il tocco finale. Ne è provenuto un glorioso rudere, puntellato e mantenuto per mostrare nei suoi resti, la gloriosa testimonianza della costruzione della primissima ferrovia dell’Italia e dell’Europa occidentale. La cultura napoletana non può che trarre benefici dalle eventuali opere di restauro di monumenti come il palazzo della ferrovia Napoli-Portici, sminuito dalle circostanze, dalle guerre, da una innovazione che già da allora rendeva obsoleta le costruzioni genitoriali, che contenevano una ingegneria di base, originale e difficilmente riproducibile. Le putrelle di ferro che ne mantengono l’obolescenza non possono durare in eterno, e devono dare posto come in altre opere, all’esempio di rinnovamento e nello stesso tempo di conservazione delle opere, che costituiscono il patrimonio di un regno che fu quanto mai vivido e operativo, Un esempio forse per gli immobilismi di adesso che si basano su cantieri moderni, ma che durano una eternità, imballando la vita e le prospettive di lavoro e di progresso civile. Purtroppo le prospettive non sono ampie ma strette e assomigliano all’orizzonte che si scorge a destra, nei vecchi treni che vanno a sud e passano per le abbandonate spiagge del litorale napoletano, da Portici in poi. Fotogrammi di un tempo andato, nella sottile frenesia della fede nella sola propria operatività.

BRUNO RUSSO

Fonte: Bruno Russo
 

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