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27/03/2011 ARTICOLI  
Bruno Russo- [ CULTURA ] LA MOSTRA DEL TESORO DI SAN GENNARO ( da "IL ROMA" del 26/02/2011 pag. 10 )
Matteo Treglia, Michele Dato e i Maya: cosa hanno in comune costoro? Treglia è un maestro orafo che nel 1713 realizzò una mitra in oro, smeraldi e rubini; Dato è un noto artigiano che nel 1879 realizzò una collana unica nel suo genere, in oro, argento e altre pietre preziose; i Maya, questo splendido popolo martoriato dalla natura e dalla furia dell’uomo, proprio attraverso l’opera di alcuni prelati giunti nelle Americhe insieme ai Conquistadores, riuscirono a tramandare tesori incredibili, strappati alla fusione della maggior parte dei preziosi che gli spagnoli trovarono, e che vollero trasformare in ricchezza cancellandone le tracce. Il minimo comun denominatore di queste rarità, è il Tesoro di San Gennaro, di inestimabile valore, che si compone di più di ventimila pezzi, traslati dalla curia alla città di Napoli con una trascrizione proprietaria dell’anno 1527.
Una grande esposizione dal titolo “Le meraviglie del tesoro di San Gennaro, le pietre della devozione “ partirà da Aprile in sette sedi del centro storico di Napoli, fino al 12 Giugno. Saranno presenti le cinquemila gemme studiate nel caveau del Banco di Napoli da esperti orafi , insieme a pezzi mai mostrati al pubblico, anche perché danneggiati da eventi storici o facenti parte di vecchissime collezioni. Pensare che solo per la splendida collana commissionata per il busto reliquiario, tra smeraldi e rubini ha richiesto 200 anni per una composizione definitiva, tra le varie donazioni nel tempo di devoti, re e regine.
La singolarità dell’evento, è che è la prima volta che il tesoro viene mostrato al pubblico, come anticipato recentemente, nella presentazione avvenuta a Palazzo Giustiniani sede del Senato della Repubblica Italiana. E’ chiaro che il dispiegamento delle forze di sicurezza sarà epocale, considerato che il tesoro è stato dichiarato superiore a quello degli Zar o della Corona d’Inghilterra. Un monumento di ricchezza che con calma surreale, si colloca per qualcuno nel tentativo di riscatto della nostra città: la mente organizzativa nonché direttore del Museo di San Gennaro, Paolo Iorio, ha parlato anche dell’interessamento di alcuni musei internazionali per portare il tesoro all’estero, ma la cosa è discutibile viste le proporzioni e l’impossibilità di catalogazione di tutto il compartimento prezioso.
Con il tesoro di San Gennaro saranno presenti capolavori del Caravaggio come “Le sette opere di misericordia”, e tele di Luca Giordano provenienti dal Museo Diocesano Giordano, ma la singolarità riguarda anche il risveglio dal lungo sonno del complesso monumentale dei Gerolamini e dell’antica Porta del Duomo, che riapriranno per l’occasione. Molte donazioni hanno arricchito il plenum dell’opera, a partire dal 1300 con Carlo D’Angiò, per finire con re Umberto I e Margherita di Savoia nel 1878. Ci sono collane realizzate in ben 250 anni e oltre, con 6000 gemme incastonate, e il superamento di 11 Kg di peso totale. La parte documentale comprenderà volumi originali dell’Archivio storico della Cappella di San Gennaro, uniti ai bozzetti realizzati dagli artisti per lo studio analitico dell’opera.
Tale magnificenza, da vedere assolutamente, non è l’ennesima opulenza di una cristianità lontano dalla gente, almeno per ciò che attiene il Santo tanto venerato da noi napoletani, perché se il rito con il Concilio Vaticano del 1964 ha subito un evidente ridimensionamento, il popolo, come evidenziano molte scritte sui muri dei vicoli dei “quartieri” del tipo “San Gennaro, fottitene” , ha risposto con una decisa intenzione di celebrarlo ancor più nel tempo, contro le decisioni del Concilio stesso.
Se la distanza tra le opere pie e la materialità che le circonda è grande, considerando l’immensità di tale ricchezza prima al mondo, non c’è dubbio che quella dell’anima dei napoletani, è ancora più grande.

BRUNO RUSSO

Fonte: Bruno Russo
 

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