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02/03/2011 ARTICOLI  
Bruno Russo- [ SPETTACOLO ] BICE E IL VIAGGIO DENTRO EDUARDO ( da "Il ROMA" del 01/03/2011 pag. 12 )
Il successo di “Uomo e Galantuomo” al Teatro delle Palme, dopo gli applausi del pubblico milanese del San Babila, ha riconfermato Fiorenza Calogero in arte la Bice della famosa commedia di Eduardo, come la migliore raffigurazione umana, già vista un anno fa al Teatro Diana con Casagrande, dell’attore che interpreta se stesso, e che scalzando ironia, saccenza o canzonatura, imprime dinamica e timbrica propria del musicista classico, che ha la versatilità giusta, alla possente e controllata rappresentazione dell’intorno.
Del resto, la commedia di Eduardo De Filippo è del 1924, scritta a soli 22 anni su commissione di Vincenzo Scarpetta, e facente parte della raccolta “Cantata dei giorni pari” ovvero gli scritti sui temi “fortunati” dal 1920 al 1942, che per Edoardo erano proprio i giorni pari. Tale fu l’incipit della sua ricca saga di personaggi del controverso e dell’ecletticità come il nome conferito alla scalcagnata compagnia teatrale protagonista della storia, mentre Bice alias Fiorenza Calogero è l’elemento catalizzatore dell’equivoco, nello stesso tempo donna traditrice e tradita, che deve più di altri parare lo scandalo e nello stesso tempo mantenere la sua immagine all’interno della società.
Fiorenza ha interpretato il personaggio fondamentale del primo novecento, che è nello stesso tempo discusso e centrale, un ruolo di grande abilità perché non deve assumere il tenebroso aspetto dell’introspettivo viaggio eduardiano delle sue opere successive e forse di maggior successo, ma deve riprendere e interpretare il filone più antico che gli compete, ovvero rappresentare personaggi che mitigano farsa, assurdo e commedia attraverso una vivacità antica resa nella medesima azione con creatività e ironia.
Non a caso la sonnolente piazza milanese ha assaggiato il lavoro del regista Armando Pugliese con il protagonista Francesco Paolantoni, per riscoprire proprio una verve antica che si è persa nell’iniquo panorama contemporaneo del teatro comico dei palcoscenici settentrionali, che non lasciano impronta adeguata, sul palato dell’osservatore più acuto.
In tale contesto, alcuni ruoli come quello di Fiorenza Calogero, sono fondamentali perché devono raccordare, con stretto riferimento al periodo di rappresentazione di “Uomo e Galantuomo”, la generale tendenza di visualizzare sul palcoscenico il primo distacco tra il teatro di rivista considerato all’epoca di secondo ordine, con l’introduzione della migliore interpretazione del teatro di commedia, che ha delineato successivamente nella prospettiva futura del ventaglio della vivida napoletanità, i personaggi femminili immortalati nel volgo. Se la farsa è la base di partenza del teatro napoletano, i ruoli gentili e smaliziati come quelli di Fiorenza sono infatti quelli intorno ai quali girerà la giostra degli equivoci: così i teatranti nello spettacolo interpretano se stessi, rendendo farsa ciò che è dramma e trasformando la loro rappresentazione di “Malanova” di Libero Bovio, in un episodio di avanspettacolo.
Fiorenza Calogero in poliedricità e talento, può far da maestra, e la dinamicità con al quale ella in poco tempo riesce a mediare compiti di successo come l’interpretazione del “Canto delle lavandaie del Vomero” nel film Passioen di John Turturro, i canti di Natale internazionali del “World Wide Christmas” in teatro, l’accompagnamento di Guido Lembo alla taverna dell’ “Anima e Core”, “Uomo e Galantuomo” da Milano a Napoli, insieme ad altri progetti futuri, dimostrano come la passione sia il primo propellente affinchè una carriera sia fortunata e ripagante.


BRUNO RUSSO

Fonte: Bruno Russo
 

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