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27/09/2010 ARTICOLI  
Bruno Russo- [ STORIA ] VELELLA ESEMPIO DI CONVINZIONE
Il sommergibile è affascinante, fa un pò paura se riferito ai rudimentali
mezzi dell'esercito russo che spesso restano impigliati nel misterioso
Baltico, ma molto più vicino a noi, nei fondali magici del mare cilentano,
abita una storia unica del valore della nostra Marina Militare: la
leggenda del sommergibile Velella. Venne costruito dai Cantieri di
Monfalcone per conto della Marina portoghese, perchè negli anni ‘20-’30,
le marine straniere ordinavano nientedimeno sommergibili solo ai cantieri
italiani. Per un caso poi, il Velella rimase alla nostra Regia Marina,
creando i presupposti progettuali della famosa classe “TRITONE”. Il
Velella aveva un armamento costituito da 6 tubi lanciasiluri da 533 mm, di
cui 4 a prora e 2 a poppa; 1 cannone da 100 mm / 47 calibri e 4
mitragliere antiaeree da 13,2 mm; l'equipaggio un pò costretto nel vano
dello scafo poteva arrivare a 44 persone. Dal 1938 in poi visiterà le
acque di Lero nell'Egeo, di Tobruk in Libia, a Massaua in Eritrea, per
essere poi di stazza nell'Africa Orientale Italiana fino all'anno 1940,
data di assegnazione alla 14ª Squadriglia del 1° Gruppo Sommergibili di La
Spezia.
La sua principale funzione, allo scoppio della II guerra mondiale,
fu di presidiare il Mediterraneo, da Rodi alle coste della Turchia.
Nonostante alcune noie al comparto motori, prontamente riuparate,fu scelto
nonostante la sua natura costiera, per nuotare nell'Atlantico a BETASOM,
la famosa base nostrana aperta in Belgio, a Bordeaux. La prima forte
esperienza fu l'attraversamento dello Stretto di Gibilterra, sede di
paurose correnti marine e della presenza incessante della Marina Inglese.
Tali difficoltà lo portarono a 130 metri sotto il pelo dell'acqua, ben
oltre 30 m del suo limite di quota, fino all'urto con il fondale della
costa africana. La leggenda vuole che il Velella sia riuscito in tali
condizioni, aggravate dall'inseguimento di due cacciatorpedinieri, ad
arrivare alle coste spagnole, rasentandole, come una guida sicura, per
poi uscire allo scoperto in Atlantico. In tale profondo mare, effettuerà
una delle sue più importanti opere, nel 1941, silurando da ponente di
Gibilterra, una petroliera di 7.000 tonnellate e un piroscafo di 3.200,
come risulta dalle sue ricche biografie. Per la vergogna provata, la
Marina Inglese negherà l'accaduto. Il Mediterraneo però richiedeva
rinforzi: i nomi del Tenente di Vascello Giovanni Febbraro e del
successivo Mario Patanè, restano ancorati all'attività di indomito
pattugliamento incessante, dalle Baleari all'Algeria, per finire in
Sicilia, alla notizia dello sbarco alleato. Il 7 Settembre, giorno che gli
abitanti di San Marco di Castellabate, amena località cilentana, sanno
molto bene, il Velella inizia a compiere un'attività di sbarramento nel Basso Tirreno, per contrastare l'altro sbarco imminente annunciato a Salerno. Dal momento che lo scafo affondò la sua curva poderosa nelle viscere marine di Napoli, non se ne seppe più nulla. Da fonti inglesi pare sia stato silurato dal sommergibile inglese SHAKESPEARE verso le 20.00, al largo di Punta Licosa, punto di latitudine 40°15’N e longitudine 14°30’E. L'isoletta è ciò che resta di una grande città mercantile romana, dove la mitologia ha riposto la sede della seconda sirena per antonomasia: Leucosia. La forza della sua passione, avrà dato l'energia alle braccia per accogliere tutti i marinai del Velella, senza nessun supoerstite. I Sanmarchesi ricordano i rumori orribili di quel giorno, i resti dello scafo che ancora oggi sono visibili nei musei del luogo e qualcuno, a dire il vero, resta ancora nei bassi fondali prospicenti l'isola e il porto antico del Paese. La Marina Militare Italiana non sapeva che che il 3 Settembre, quattro giorni prima, era stato firmato l'armistizio.
Alla sua insaputa, erano finite le ostilità, ma ma non il compito integerrimo di un compartimernto la cui realtà resta oggi, come capostipite delle più belle, e alte leggende della storia militare, talvolta ignorate per coda di paglia, ma che si farebbero bene a racconatre ai giovani per capire l'importanza del valore umano italiano
nel militare.

Bruno Russo
Fonte: Bruno Russo
 

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