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02/08/2009 ARTIC OLI  
Achille della Ragione- IL BACIO - II
Dante in un solo verso:”la bocca mi baciò tutto tremante” fissa per l’eternità l’ansia di due corpi che fremono e di due labbra che si cercano. Poche sillabe per rendere chiaro il delicato confine tra felicità terrena e perdizione infernale, il bacio più famoso, quello tra Paolo e Francesca, che il sommo poeta colloca nel girone infernale dei lussuriosi, pur comprendendo la forza dell’amore che li ha spinti ad infrangere le regole della morale e della convivenza. La passione, anche dei sensi, non era mai stata rappresentata prima nella nostra letteratura: la lirica, in particolare, si atteneva di norma a quello che Spitzer chiamava il paradosso dei trovatori: l’amore sussiste a condizione di non essere appagato; e persino la parola bacio si trova in quei testi ben di rado. Con Paolo e Francesca siamo portati al momento in cui l’amore, in una situazione resa eccitante dal desiderio inconsapevole, si concretizza in un bacio, presto seguito dall’amplesso cui Dante allude con una famosa reticenza «quel giorno più non vi leggemmo avante» .
Nell’Ottocento l’episodio dei due amanti condannati a vagare avvinti per l’eternità ispirò numerosi artisti a fissare sulla tela il celebre bacio, ma i risultati furono inadeguati ai vertici raggiunti con le parole come tutti possono constatare nel dipinto di Ingres(fig. 0015).
In campo letterario anche Shakespeare ci ha lasciato pagine indimenticabili sul bacio, da quello tra Giulietta e Romeo a quelli fatali di Otello e Desdemona, il primo, appassionato, scambiato sugli spalti di Cipro e l’ultimo, disperato, quando il baldo moro assapora con le labbra gli ultimi attimi di vita dal suo amore morente.
Prima che si esprimessero questi due giganti la trasposizione del bacio in prosa e versi aveva avuto numerosi epigoni. Anche senza considerare la Bibbia e il Cantico dei Cantici, scritto nel X secolo avanti Cristo «Mi baci coi baci della sua bocca», tenendo conto che la trascinante sensualità nuziale di questo splendido poemetto amoroso pare sia unicamente allegorica, in Grecia, prima del celebre carme V di Catullo (che visse e scrisse nel I secolo avanti Cristo)”Dammi mille baci e poi cento, poi altri mille e poi ancora cento; ancora un secondo centinaio e poi ancora mille... fino a non poterli più contare”, la lirica aveva fatto del bacio il fulcro di tanti episodi a sfondo erotico, dallo stupendo Lamento per Adone in 97 esametri, scritto da Bione di Flossa nel II secolo a. C., alla poesia greca dell’età imperiale, nella quale è presente un notevole lirico come Stratone di Sardi (un Kavafis negli anni dell’imperatore Adriano), che nei suoi cento epigrammi omosessuali esalta il bacio tra l’adulto e l’adolescente: «Morto ti faccio coi baci? La credi un’ingiuria codesta? - Fammi pagare il fio: baciami tu!».
Nel Trecento, tra il 1348 e il ’53 vede la luce il capolavoro della novellistica europea, il Decamerone del Boccaccio. In quelle cento novelle di baci ce ne sono tantissimi, ma il più bello, resta quello del bolognese Gentile de’ Carisendi, il quale ha sempre amato, e rispettato perché sposa di un altro, Caterina di Nicoluccio Caccianemico: e per dimenticarla ha accettato di trasferirsi a Modena come podestà: là apprende che ella è morta improvvisamente, e decide allora di recarsi a renderle l’estremo omaggio: «E questo detto, essendo già notte, dato ordine come la sua andata occulta fosse, con un suo famigliare montato a cavallo, senza restare colà pervenne dove seppellita era la donna; e aperta la sepoltura, in quella diligentemente entrò, e postosi a giacere allato il suo viso a quello della donna accostò, e più volte con molte lacrime piangendo il baciò…» (Novella quarta della giornata X).
È una situazione che sarà ripresa da William Shakespeare quando parlerà del bacio di Romeo a quello che egli crede il cadavere di Giulietta: “ Labbra, voi, porte del respiro, suggellate con un giusto bacio il contratto senza termine con la morte ingorda…”. (Terza scena del V atto di Romeo e Giulietta).
Sul finire del Cinquecento, tra la natia Campania e il Lazio, uno spregiudicato napoletano, presto destinato a divenire uno dei maggiori lirici del Barocco europeo, Giambattista Marino, sensuale nella vita come nella lirica, sfoggia una sfacciata propensione a disseminare di baci caldi ed appassionati le esaltanti nudità delle sue amate, come in questo Seno: «O che dolce sentier tra mamma e mamma - scende in quel bianco sen ch’Amor allatta! … Raccogli sol, cultor felice, e taci, - in quel solco divin di sospir messe di baci…».
Verranno poi tempi nei quali l’erotismo subirà pesanti limitazioni da regole morali e comportamentali molto rigide, verranno gli anni della restaurazione civile e politica, ma saranno proprio i divieti, istituzionali e morali, a rendere il bacio l’ambito coronamento dei più grandi amori.
Ugo Foscolo, che come amatore non ebbe rivali fra tutti i letterati coevi, come autore partorì quel gioiello di romanzo epistolare che sono le Ultime lettere di Jacopo Ortis, nelle quali il bacio rappresenta quasi un’apoteosi del divino: «Odilo, la mia bocca è tuttavia rugiadosa d’un suo bacio e le mie guance sono state inondate dalle lacrime di Teresa. Mi ama, lasciami in tutta l’estasi di questo giorno di paradiso…».
Nel campo dell’opera lirica abbiamo poi il bacio tragico di Tosca, la quale, prima di uccidere il perfido barone Scarpia con una vibrante pugnalata, gli grida furiosa:”Questo è il bacio di Tosca!”.
Per raggiungere poi il colmo della lussuria attraverso il bacio (in tutte le sue varianti, non soltanto buccali), occorre spingerci al crinale tra Otto e Novecento, da dove dà un ininterrotto spettacolo di sé il Poeta attore per definizione, Gabriele D’Annunzio. Anticipando quasi di un secolo l’odierno gossip, il futuro vate, dall’età di diciannove anni, traspone in versi le sue «imprese» erotiche con un protagonismo ed un narcisismo sfacciati: ed il bacio, anzi i baci, ne sono come una gloriosa bandiera. Eccone un esaltante florilegio: «Ch’io senta fremerti - la bocca odorosa di arancia, - fresca, vermiglia, ne ’l bacio mio» (1882: a Giselda Zucconi, Lalla); «Chino a lei su la bocca io tutto, come a bere - da un calice, fremendo di conquista, sentivo - le punte del suo petto dirizzarsi, al lascivo - tentar de le mie dita, quali carnosi fiori…» (1883: lei è Maria Hardouin dei duchi di Gallese, che gli darà due figli); «Ma, come fummo al sommo, la bocca ansante m’offerse - ella: feriva il sole quel pallor suo di neve…» (1887: le labbra sono di Barbara Leoni e il bacio «fatale» scocca nel parco di Villa Medici, a Roma».
Con il sommo poeta entriamo poi nel secolo della modernità ed i baci diventano sempre più veloci, ma lasciano presagire furori erotici sempre più trasgressivi.
Achille della Ragione

Fonte: Achille della Ragione
 

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