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06/09/2010 ARTIC OLI  
Achille della Ragione- LE GROTTE NAPOLETANE ED I RITI ORGIASTICI
Lo splendido quadro del museo cantonale di Losanna raffigurante la Grotta di Posillipo(fig. 1), eseguito da Abraham Ducros, un artista svizzero, come tanti stranieri innamorato di Napoli, ci conduce in quel mondo misterioso ed affascinante costituito dalle caverne napoletane, una vera e propria città sotto la città, che pochi conoscono e viceversa costituiscono un patrimonio ancora da sfruttare per il turismo e per dare un po’ di respiro al traffico caotico che ogni giorno ci fa impazzire.
Non è stato il mare a forgiarle e nemmeno i fiumi sotterranei e le piogge, bensì il lavoro ostinato dell’uomo, che per venticinque secoli ha inciso un materiale, facile da tagliare, leggero e resistente: il tufo, con il quale sono stati costruiti palazzi altissimi, tali da destare la meraviglia dei visitatori.
Sono state scavate inoltre lunghe gallerie per portare l’acqua sotto ogni casa, un mirabile acquedotto, che ancora oggi può essere percorso per chilometri.
Dal mitico Antro della Sibilla alla Crypta Neapolitana, dove si praticava il culto di Mitra, fino ai percorsi segreti, attraverso i quali truppe forestiere invasero la città, come quelle di Giustiniano e quelle degli Aragonesi.
E nell’ultima guerra hanno fornito un rifugio sicuro alla popolazione durante gli oltre cento bombardamenti aerei regalatici dai nostri futuri alleati…
Non solo grotte perciò, ma anche gallerie, catacombe, pozzi, condotte e trafori vari, un immenso reticolo che brama di vedere la luce.
La grotta di Piedigrotta è stata per secoli, forse millenni, teatro di pratiche orgiastiche in onore di Priapo, che periodicamente impegnavano giovani di entrambi i sessi, i quali davano libero sfogo alle loro più elementari pulsioni con innegabili benefici per il corpo e lo spirito. Il buio della caverna faceva cadere ogni inutile inibizione e alimenti energetici venivano in soccorso ai maschi impegnati in defatiganti amplessi (la famosa sfogliatella dalla forma che rammenta il pube femminile era il viagra dell’epoca).
Con l’avvento del Cristianesimo questi costumi scostumati sono stati incanalati in una più tranquilla festività a cadenza annuale, durante la quale gli istinti repressi potevano sfrenarsi in balli e strusciamenti reciproci; nasce la famosa Piedigrotta napoletana, assassinata negli anni Settanta del secolo scorso dal traffico caotico della città e da amministratori miopi e sconclusionati. Erano feste memorabili, che duravano fino a quindici giorni, durante le quali, al passaggio dei mastodontici carri allegorici, era permesso un po’ di tutto: urlare, sbracciarsi, calare coppoloni in testa a tipi “soggetti”, esercitare vigorosamente la mano morta su sederi di tutte le età, pur senza trascurare eventuali seni generosamente esposti, dimenticando in tal modo le angustie quotidiane. L’antico spirito greco della festa, nata tra venerazioni priapiche e sfrenate danze liberatorie, sembrava rivivere nel popolo festoso, esaltando lo spirito trasgressivo e godereccio dei napoletani.
Meno famose della celebre sorella sono le grotte Platomonie, poste lungo il litorale dell’antico borgo di S. Lucia ed oggi, in parte abbandonate o vergognosamente trasformate in garage, che potrebbero dare un sollievo allo scottante problema del parcheggio, ma da anni al centro di una diatriba (truffa) infinita tra squallidi speculatori ed una giunta comunale collusa ed incapace.
Questi anfratti sono il prodotto erosivo dell’acqua sulla roccia nel corso del tempo e derivano il loro nome dal greco platamon. Alcune furono adoperate per l’allevamento delle murene, ma la loro fama è legata ad un particolare rito orgiastico, che si svolgeva più volte all’anno e consisteva nell’incontro tra una menade incoronata da un’alga marina ed uno jerofante agghindato da uomo pesce che la fecondava.
A partire dal Quattrocento il rituale subì una sorta di legalizzazione ed i due officianti erano freschi sposi che consumavano il matrimonio alla presenza dei membri di una setta, che accompagnavano la deflorazione con ritmiche cantilene e preparavano un’atmosfera adeguata bruciando essenze profumate inebrianti in tripodi ornati di falli alati del tipo di quelli che gli scavi di Pompei porteranno alla luce secoli dopo.
“Nelle deliziose grotte Platamonie per rinfrescare gl’immensi ardori dell’estate, passeggiavano quinci e si riparavano con spessi e sontuosi conviti, ricevendo dispogliati la grata aura e il desiderato fiato di ponente, e nudi tra le chiare onde a nuoto si difendevano dal noioso caldo". Benedetto di Falco, secolo XV.
"Quivi, come narrasi, la gente allegra e spensierata accorreva a banchettare e a darsi spasso; finché i sollazzi mutati, poscia, in orge scandalose, resero quei luoghi dei sozzi postriboli". Loise de Rosa, 1452.
Vari autori ci raccontano che oltre a rituali i luoghi erano adoperati anche per ammucchiate che di iniziatico avevano ben poco.
Anche la malavita cercava di usufruire di un nascondiglio sicuro per nascondere merci di contrabbando e mal tollerava l’utilizzo con finalità erotiche delle grotte, per cui fece giungere al viceré don Pedro da Toledo notizia delle orge scandalose che vi si svolgevano. Il risultato fu la distruzione delle stratificazioni più profonde e la chiusura di tutte le altre. Al medesimo viceré si deve l'ampliamento cinquecentesco che per la prima volta inglobò all'interno delle mura il monte Echia, ancora in epoca aragonese fortezza militare siti Perillos, propaggine esterna della città.
Ma dove si sono ripetuti a lungo riti intrisi di tradizione e di mistero e si è scatenata incontenibile la furia erotica, i luoghi restano impregnati da forze che molto lentamente decantano ed a nulla valse murare le grotte più profonde adibite alle congiunzioni carnali più folli e scatenate; dal sottosuolo emanano sedimentazioni energetiche, viscerali, piroclastiche, telluriche, sibilline e più volte sarà capitato a qualche signora o signorina, passeggiando per via Chiatamone, senza capirne il motivo, di avvertire chiaramente un dolce, improvviso, irrazionale, irrefrenabile desiderio di sesso più che di amore.
Achille della Ragione

Fonte: Achille della Ragione
 

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