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21/01/2008 CULTURA  
Bruno Russo- UN LOGO GLOBALIZZATO
Nella globalizzazione secondo Carlos Nejar, una opera che fa parte del patrimonio recente latino-americano si fa riferimento alla identità del Brasile, in particolare di Rio de Janeiro, metropoli avanzata che porta con se tutta la problematica della povertà e dell’indigenza di alcune comunità adiacenti alla città e che rischiano entrambi, ricchezza e povertà, di essere inghiottite dalla pressa globalizzatrice. Con riferimento a questa creazione letteraria che non sto qui ad approfondire, perché non è nelle mire di quest’articolo, mi è piaciuta la descrizione dantesca di un tunnel simile all’oltretomba immaginario nel quale si dibattono delle anime senza identità alla ricerca di qualcosa che loro stesse non sanno identificare. Da qui l’autore, definisce come vera morte la fase di passaggio tra il mondo materiale ed un altro eterno spirituale, fase nella quale l’uomo è finito di esistere perché ignora il suo stato, la sua identità e collocazione nel processo dell’esistenza. Attenzione l’esistenza non è la vita ma è qualcosa che la comprende e la completa come esperienza. In questo tunnel si perde la realtà del contatto con le cose perché si è perso il contatto con la materialità pur conservandone una dipendenza spirituale. Nel tunnel di Nejar resta quindi un popolo di agitatori con identità non riconosciuta nei fatti, che cerca come unica meta dell'esistenza negata, la luce della verità.
Mi sento di affermare che questa luce, quella che si svelerà poi in futuro quando la globalizzazione, intesa come transitorio tra la vita odierna ed il futuro del nuovo secolo, sarà analizzata in ciò che realmente ha prodotto e sarà superata come esperienza, accettata da alcuni, condannata da altri, ma che per i più non costituirà che un ricordo. Ogni cosa quindi fa parte di un transitorio, di un periodo sospeso che serve come tale, a temprare l’animo ed a prepararlo al futuro. Non esiste la totale negatività nelle cose, perché ogni fenomeno appartiene al suo tempo e come tale va visto; ma l'anti-globalizzazione, che rappresenta comunque un arricchimento del processo stesso, è un fenomeno molto complesso al quale, superficialmente come sempre abbiamo significato storico una caratterizzazione incompleta. La perdita dell'identità di nazione come difesa della propria società e delle proprie differenze, è un fenomeno che difficilmente può essere ben interpretato e caldeggiato dal pensiero progressista, perché è un tema per niente consone alla natura ed alla storia di questo pensiero con i corrispondenti riflessi politici. Come è avvenuto con il capitalismo, la globalizzazione appartiene ad un processo nel quale dopo la fase di assorbimento da parte della classe lavoratrice, è nella sostanza destinato a essere fatto proprio dalla nuova classe medio-borghese che si identifica spesso proprio nel pensiero progressista. Già in questo periodo possiamo notare che i temi della globalizzazione non sono più sentiti come una volta e non si può dare sempre colpa di tutto all’11 Settembre, che deve rappresentare un riferimento ma mai una scusa. Sembra proprio come la lezione che ci è stata data nella letteratura da Dante. Così, come nella Divina Commedia, Dante immagina un viaggio introspettivo dell'uomo dal male verso il bene, dall'inferno al paradiso passando per il purgatorio, Carlos Nejar immagina il tunnel come quella morte apparente che delimita la trasformazione dell'individuo che la globalizzazione della nostra società sta effettuando verso un nuovo assetto, che proprio dai vizi di forma di questa mi auguro che sia artefice di una nuova identità. Ma essendo la morte nella letteratura soprattutto simbolo di trasformazione radicale, la nuova identità esisterà solo quando si prenderà coscienza della trasformazione stessa: ciò vuol dire che il processo della globalizzazione può andare ora verso la sua conclusione, indipendentemente dagli anni che serviranno per decretarne la fine. In questi
Dobbiamo iniziare a prendere coscienza che molti valori negati a questa società e che la globalizzazione, indipendentemente dalla sua valenza obiettiva o meno, ha messo in evidenza, devono essere necessariamente trasformati nella loro pratica pur mantenendone l’essenza. In parole povere occorre che la società della prima metà del ventunesimo secolo guardi non più alle necessità delle masse ma a quelle dell’individuo, che dopo essere passato attraverso l’esperienza del secolo a noi precedente fatto di mode, di luoghi comuni e regole incerte, si appresta a distinguersi dagli altri simili per recuperare il contatto con la realtà e tornare a vivere bene.
Ho notato, proprio in questi giorni, quanto sia diventato logo commerciale il simbolo della pace. Risulta presente sulle cinte di marca, sui portachiavi griffati e su tante altre cose che per i no-global dovevano essere esenti da tali simboli. Ma l'errore che essi hanno fatto è considerare il logo l'unico capo espiatorio della presenza della globalizzazione, invece di considerare e combattere la sperequazione economica delle banche e il vile denaro che come logo nessuno ha voluto veramente svilire nei pilastri della vita.
La storia siamo noi se capiamo che i veri nemici da combattere sono coloro che in questo secolo con la scusa della democrazioa e del socialismo illuminato, hanno peggiorato lo sviluppo economico dei singoli a vantaggio di altre maggioranze, che sono quelle consociativistiche espressioni di sindacalismo che dettano legge nel mondo del lavoro, che si accordano con le aziende, che insultano chi non è dalla loro parte. La globalizzazione usa questi soggetti per fare delle piccole masse un gregge asservito all'economia.

Bruno Russo

Fonte: Bruno Russo
 

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